di Beppa Rigoni tratto da Quaderni Vicentini
La lunga storia di questo territorio affascinante, posto fra monte e valle, è una storia di sopravvivenza, di tenacia, di desiderio, di futuro. La vita della gente di Valstagna è legata a due grandi totem: il rapporto con l'Altopiano e quello con l'economia di sussistenza prima e di sviluppo dopo. I terrazzamenti e la coltivazione del tabacco sono stati a lungo i suoi salvatori. Oggi la ricerca di un vero futuro impone scelte diverse.Valstagna ieri, oggi, domani, è una grande storia in progress, spesso dimenticata
IERI
IN MOLTI SCRITTI
RIFERITI all’Altopiano, si trova questa definizione: ‘Reggenza dei 7 Comuni e territori annessi’ ( = appartenenti). Avendo già trattato l’argomento Calà del Sasso e Federazione dei 7 Comuni, non posso non dedicare un capitolo a Valstagna e al Canal di Brenta, in quanto territori strettamente collegati con la montagna fin da tempi remoti. Tutte le merci prodotte in Altopiano, transitavano verso valle: da un lato fino all’Astico; dall’altro, verso il più significativo Brenta e viceversa. Per proprietà transitiva Valstagna e i territori limitrofi divennero parte dell’Altopiano. Il Canal di Brenta, ebbe, fin dal passaggio dei Romani alla conquista dell’Impero, grandissima valenza, quale porta naturale verso Nord. I Romani colonizzarono tutta la valle, sempre e solo a scopo militare e qui tracciarono strade, costruirono punti di osservazione e difesa, accampamenti: tutte strutture che fecero da fondamenta ai successivi insediamenti, in tutti i paesi vallivi, in pratica. La stessa operazione fu esercitata dai viandanti provenienti da nord con intenti di conquista o più semplicemente per motivi di transito e mercato. Certo, fra questi, alcuni si sono stabiliti nella valle, altri son scesi dall’altopiano o da zone limitrofe altrettanto ostiche, in cerca di climi più miti e di dignità, in quanto tutti i Sud sono più accattivanti ed attraenti di qualunque Nord! …
In Valsugana l'attrazione dell'acquaI monaci dalla Cina con i bozzoli e i ricchi veneziani, padovani, bassanesi
E poi in Valsugana c’era l’acqua, tanta, sempre. In quantità minore la terra, essendo la valle così incassata, più adatta al trasporto fluviale e allo sfruttamento della corrente per produrre energia (meccanica prima e idroelettrica poi), che alla coltivazione e al pascolo. Questa fu una condizione per l’insediamento di aziende manifatturiere: dalla lavorazione del legno, alla sericoltura (dopo che alcuni monaci provenienti dalla Cina, portarono, nascosti all’interno dei loro bastoni da viandanti, i primi bozzoli), alla lavorazione della lana e del lino, della carta, alla molitura di granaglie, agli opifici. Molte ricche famiglie veneziane (Tiepolo, Venier, Foscarini, Contarini, Cappello), padovane (Carrara, Duodo, Massari), bassanesi (Remondini – la prima cartiera fu costruita lungo il Canale, loro luogo d’origine), costruirono ville estive sulle rive e fra queste più d’una intravide l’opportunità di guadagno. Valstagna porta ancora i segni del nobile passaggio ed è un paese con una propria eleganza (vedi Palazzo Perli di proprietà di uno dei ricchi abitanti, come lo erano i Ferrazzi, i Sasso…). Ma quando tali attività vennero dismesse (a causa della concorrenza praticata in luoghi meno disagiati e distanti dai grandi centri del commercio), per la valle fu la rovina economica e l’inizio di un flusso migratorio, mai interrotto. Molti autoctoni, attaccati disperatamente alla loro terra (da sempre ricchi di inventiva per la sopravvivenza), pensarono di avviare la produzione intensiva di una pianta ivi importata - sempre da un monaco - a scopo decorativo per i giardini: il tabacco.
La coltivazione del tabacco salvò Valstagna dalla completa rovina
- Piante di tabacco
In piena fioritura bello era bello, niente da dire, faceva figura, ma era altrettanto inutile. Dal XVII secolo fino alla metà del XX, fu il tabacco il pane del canale. Le vicende legate alla sua coltivazione sanno di incredibile, come impossibile da praticare la fatica richiesta per produrlo: si doveva accudirlo come un neonato ancor prima di seminarlo, preparando il terreno; concimandolo con tutto quello che l’immaginazione prospetta; piantando i germogli ad una distanza ben precisa l’uno dall’altro, su un reticolo predisposto al millesimo, allo scopo poi di contare le piantine e consentire i controlli da parte delle autorità, per combattere il contrabbando. Nel 17° secolo ebbe così inizio l’opera ciclopica di rimodellamento del territorio da parte dell’uomo, emblematico esempio di antropizzazione. I terrazzamenti trasformarono un versante montano a forte pendenza, in una serie di superfici per piante idonee alla coltivazione. Le masiere a terrazzi I muri di sostegno dei piani terrazzati (masiere, dal latino maceries), furono realizzati in pietra a secco, senza l’uso di calce o cemento a far da leganti. Una masiera può arrivare a 7 / 8 mt. di altezza: presenta due file di pietre parallele incastonate tra loro mediante una tecnica particolare che ne garantisce la stabilità nel tempo, atte a trattenere uno strato permeabile di terra e ciottoli, allo scopo di far filtrare l’acqua piovana attraverso il sistema. Nel terrazzo ricavato, veniva piantato il tabacco, che richiedeva una sequenza di operazioni interminabili, dal reinterramento ogni stagione, alla semina all’ innaffiatura. Chi aveva gli appezzamenti vicino al fiume era un signore: bastava – si fa per dire – portar su l’acqua con i secchi; i sorci verdi li vedeva chi era lontano, in zone scoscese, per quanto fossero stati creati bacini interrati per la raccolta dell’acqua piovana nei pressi degli appezzamenti. Scalare o salire è già duro come sport, figuriamoci con il bigòlo e i secchi! Questo vale per la concimatura e l’interramento: tutto a spalla o in schiena, con appositi contenitori in legno inventati alla bisogna. Grandi e piccoli, uomini e donne, tutti a far la loro parte, dall’alba al tramonto! Non parliamo del controllo minuzioso foglia per foglia, della qualità delle stesse, del rischio di parassiti, di stagioni troppo fredde o troppo calde. Inoltre, quando la pianta raggiungeva la fioritura, andava spuntata: guai se il fiore produceva semi! Si sarebbero potuti occultare e riprodurre poi in luoghi nascosti…come in realtà accadeva. Per portare avanti i lavori dei terrazzamenti, si attivò nella vallata una forte sussidiarietà fra vicini, in grado tutti insieme di mettere in piedi dei veri e propri cantieri, con tanto di maestranze tecniche e manodopera locale. Non parliamo poi della fatica disumana - una volta giunte a maturazione le foglie - nello strapparle, raccoglierle, trasportarle in luoghi adatti all’asciugatura, spianarle una per una a mano per togliere ogni grinza e infine sospenderle a testa in giù, appese a dei pali, nei locali di essiccatura, collocati nei piani alti e privi di infissi per l’areazione, delle abitazioni: stessa tecnica usata per i prosciutti.
L'angoscia dei controlli (da Serenissima, poi dal Regno, poi dal Monopolio):obbligo del contrabbando
Per questo le case del canale sembrano delle torrette! Ai piani bassi si viveva e spesso si conviveva con animali da stalla e si lavorava il tabacco, sopra lo si seccava. La scelta della monocoltura, andò a scapito di ogni altra forma di sussistenza: pochi i capi di bestiame, poche le coltivazioni alternative: qualche albero da frutto, qualche filare o un fazzoletto di orto, venivano relegati ai bordi, se non sopra le masiere stesse, come si rileva ancor oggi. E sempre con questa angoscia dei controlli parossistici da parte dei delegati prima della Serenissima, poi del Regno e del Monopolio. Un piccolo contrabbando inizialmente fu tollerato e garantiva una vita decorosa, poi, se trovati in infrazione e con merce di contrabbando, i coltivatori venivano puniti severamente, costretti a pagare ammende impossibili da saldare. Perfino bambini di 9 – 10 anni venivano condannati al risarcimento. Con il tempo il guadagno è divenuto sempre più inversamente proporzionale alla fatica. Spaccarsi la schiena per far lo stesso la fame, non valeva più la pena! Così, solo negli anni ’60 del secolo scorso, con l’abbandono della coltivazione del tabacco, a livello ambientale ha avuto inizio il fenomeno di erosione e degrado del territorio, oltre che di abbandono delle aree da parte degli abitanti, di nuovo profughi in cerca di pane. Ci son voluti oltre 60 anni, per vedere l’attuale timida rinascita, la presa di coscienza degli abitanti e delle istituzioni che andiamo a vedere, grazie all’intervento di alcune figure…
OGGI
Dal sopralluogo ai terrazzamenti nel luglio scorso
È da mesi che ce l’ho in mente, che ho la smania di scriverne, ma volendo adeguarmi alla consecutio temporum messa in atto trattando il tema L’Altopiano così vicino così lontano, sono riuscita a pazientare finora. È stato durante il sopralluogo effettuato col collega Lucio Panozzo ai terrazzamenti nel luglio scorso, che ho sentito chiara e forte questa urgenza. Voglio iniziare da quel preciso giorno, uno dei pochi afosi - ricordo - della scorsa estate. Ci eravamo dati appuntamento per l’ora di pranzo (panino con mortadella e birra calda, sotto un nogaro), alla fine della strada che scendendo da Foza porta al paese di Valstagna. Un amico di Lucio, Bepi Bertoncin, quattro anni fa ha avuto dal comune in comodato d’uso (tramite il Comitato), un terrazzamento per coltivarlo ad orto, proprio alle pendici a destra della Calà del Sasso (Val Stagna o Val Vecchia che dir si voglia). Pur avendo transitato in auto varie volte per quel punto preciso non avevo mai messo piede su un terrazzamento, né alzato gli occhi, perché il pendio è davvero molto ripido: si parla del 50 / 60%! Visitarlo, è stata una scoperta incredibile, ben al di sopra di ogni immaginazione.
Terrazzamenti restaurati a Campese
Ovviamente dove ho messo piede e gironzolato, è un’area bonificata, anzi, ricostruita pietra per pietra, re-interrata, consolidata e messa in sicurezza dall’amico Bepi. Gli ci son voluti anni per riportare la banchina allo stato originario. Immaginate un Mato grosso ma in salita: così se l’era trovata davanti la prima volta! E così sono ancor oggi molti dei gradoni, tirati su con tanta fatica e mantenuti nel corso di secoli con tecniche 57 costruttive che andremo a vedere. Tra l’altro l’orto di Bepi è situato in un’area particolarmente impervia, perché da quando è diventato di moda farsi l’orto in Valbrenta i terreni più accessibili sono andati via per primi. Il patto fra noi è stato: “Poiché il mese di agosto vado a scalare, tu scendi dall’Altopiano per annaffiare l’orto, cogliendo tutti i frutti che vuoi…” Per fortuna è piovuto tutta l’estate, perché irrigare laggiù significa caricarsi di taniche d’acqua, portarle su per i gradoni infiniti e scivolosi e con un mestolo, annaffiare pianta per pianta: grazie a Giove Pluvio! La parte sinistra della valle (partendo da Bassano), dove è situata Valstagna, è la più impervia, la meno soleggiata, la più disagevole; quella a destra la più aperta, lineare, soliva, come si desume dal nome di uno dei paesi, Solagna.
Il logo dell'adozione dei terrazzamenti
- Logo di adotta un terrazzamento
La trasformazione dei terrazzamenti in orti non è casuale: dietro c’è un progetto ben preciso, promosso dal Comitato composto dal Comune di Valstagna, dal Dipartimento di Geografia dell’Università di Padova, dal CAI di Bassano/Canal di Brenta e patrocinato dalla Comunità Montana del Brenta e dal Comitato Scientifico Centrale del CAI – Gruppo Terre Alte - dal nome evocativo: ‘Adotta un terrazzamento in Canal di Brenta’. Il Comitato si è fatto tramite, tra i proprietari dei terrazzamenti - magari emigrati o rimasti, ma ormai anziani, quindi impossibilitati a curarsene personalmente - e gli amanti della natura e dei luoghi, disposti a supportarne la manutenzione e a renderli produttivi. Il Comitato è partito dalla convinzione che il processo di degrado e abbandono del Canal di Brenta e dei suoi terrazzamenti, possa essere fermato, meglio, invertito. Ancor vivo lo spirito che nei secoli ha tenuto aggrappate molte famiglie a luoghi così ostili e vivo l’interesse di coloro che li frequentano per diporto: l’unione di queste due categorie, supportate dalle amministrazioni locali (che hanno tutto l’interesse di fermare la deriva dei loro territori), stanno alla base della rinascita del canale. I terrazzamenti rappresentano un patrimonio monumentale, equiparabile a siti come Machu Piccu o alle risaie dei paesi orientali, solo, ubicati purtroppo in aree di cui storicamente non si è privilegiata la memoria, ma lo sfruttamento. Questo vale per il trasporto fluviale delle merci a partire dal legname, per lo sfruttamento della potenza delle acque idonee agli insediamenti industriali a partire dal 1500, fino all’avvio della coltivazione intensiva e disastrosa del tabacco, in quanto monocoltura. Finito il bussiness del tabacco, finita la valle. Il Comitato oggi sostiene e coordina gli sforzi per il ripristino delle aree terrazzate abbandonate e contribuisce operativamente al loro mantenimento, stimolando forme di recupero economicamente, socialmente ed ecologicamente sostenibili, attraverso una formula di adozione diretta o a distanza (supportando coloro che decidono di lavorarvi fattivamente) delle superfici: operazione rivolta quindi sia a coloro che se ne occupano in prima persona, sia mediante sottoscrizione. Queste le finalità: - sviluppare maggiore consapevolezza del valore del paesaggio, nella fattispecie terrazzato, raccogliendo risorse per garantirne il mantenimento; - attrarre l’attenzione di coloro che vi abitano o hanno lasciato la loro terra in qualità di emigranti ma detengono ancora appezzamenti di proprietà che vanno via via deteriorandosi; - contribuire ad avviare nuove forme di economia rurale, in grado di coinvolgere sempre più concittadini, nella cura dei terrazzamenti.
Ma come si fa ad adottare un terrazzamento?
Semplice. Si contatta il referente del Comitato, con un sms o una mail. Verrà fissato un incontro sul posto, per prender visione del sito più idoneo alle personali esigenze, quindi si sottoscriverà un contratto di comodato d’uso della durata di cinque anni e si verserà la modica cifra di 10 euro, per iscriversi al Comitato stesso. Finora sono state effettuate 121 adozioni in comune di Valstagna; una decina di lotti è tuttora a disposizione e altri sono in fase di individuazione. L’operazione, dallo scorso anno, è stata 59 60 avviata anche in comune di S. Nazario. Il Comitato è inoltre alla continua ricerca di appezzamenti da dare in adozione, visto la crescente richiesta da parte di interessati, sintomo del successo crescente dell’iniziativa.
Cinzia Zonta nell’uliveto
Dal 2013, Presidente è Cinzia Zonta, bassanese trasferita da 2 anni a Valstagna - dopo 8 anni da pendolare, artefice della rinascita dei terrazzamenti, quale prima affidataria di un’area, assieme all’amico Danilo Cecchini. Cinzia viene da un’esperienza decennale maturata sul campo, in Brasile e Perù, proprio nell’ambito della coltivazione e del ripristino di aree terrazzate. Cinzia proviene da un’esperienza decennale maturata sui terrazzamenti di Brasile e Perù, scelta di vita che doveva essere definitiva, dato anche l’impegno profuso con i meninos de rua, con il progetto “Fazer o outro bonito” e con i ragazzi più grandi, progettando una fattoria didattica ad Apeù, nella foresta amazzonica. Poi la riflessione: “Anche vicino al mio paese d’origine ci sono luoghi simili. Perché non proporre un progetto di recupero?” E così è tornata per restare, stavolta definitivamente. Cinzia oggi è una coltivatrice, lavora la terra, dando con i risultati ottenuti il buon esempio a tutti, e nel contempo, insegna ai ragazzi del posto le tecniche di coltura e potatura, per riavvicinarli alle radici, a quell’ambiente da 60 anni abbandonato, per tornare ad amarlo e salvaguardarlo. E ci sta riuscendo: i numeri parlano. (cinziaviralata@gmail.com) FB: ‘ADOTTA UN TERRAZZAMENTO’ In sede: Museo Etnografico ‘Canal di Brenta’ – Palazzo Perli, Via Garibaldi (Valstagna).
L’operazione ‘Adotta un terrazzamento’
L’operazione ‘Adotta un terrazzamento’, ha avuto risonanza nazionale, tanto da essere presentata al salone del Gusto di Torino a novembre 2014, luogo in cui è stata siglata l’adozione da parte delle Condotte ‘Slow Food’ di Primiero Valsugana e Lagorai di alcuni terrazzamenti situati in contrada Merlo (comune di S. Nazario). Lo scorso mese di febbraio, presso la sala consiliare del Comune di Valstagna, si è tenuta l’annuale assemblea sociale, con l’intento di relazionare le attività svolte dai soci e dal Comitato a livello 61 locale nazionale ed internazionale. Fra le iniziative sul tavolo, la collaborazione con ‘L’Alleanza Mondiale del Paesaggio Terrazzato’, di cui si sta organizzando il III° Incontro Mondiale, che avrà luogo a ottobre 2016, proprio qui in Italia. Il Canal di Brenta sarà una delle location e vi si svolgeranno attività di visite guidate alle masiere, incontri con i coltivatori locali, workshop tematici e momenti di socializzazione. I siti italiani terrazzati, associati all’Alleanza Mondiale si trovano in Campania (Costiera amalfitana x gli agrumi); Trentino; Sicilia; Veneto (Valstagna, Lessinia, Valpolicella); Lombardia (Valtellina); Val d’Aosta; Piemonte (Langhe Val d’Ossola); Toscana (Chianti, Montalcino). I precedenti incontri internazionali si sono tenuti nel 2010 in Cina, (anno in cui l’Italia ha posto la propria candidatura per il 2016) e nel 2012, in Perù: ‘Congreso Internacional de Terrazas’.
DOMANI
Ci salverà il Rajah del tè di Darjeeling?
Il futuro utilizzo di parte dei terrazzamenti è in fase di discussione proprio mentre 'Quaderni Vicentini' sta andando in stampa. Gli interessati stanno valutando un’opportunità che potrebbe cambiare il volto dei terrazzamenti, come il tabacco, lo cambiò nel 1500…Ancora una volta si tratta di una pianta esotica, che però a differenza del tabacco, non presenta alcun elemento di negatività: è il tè. L’iniziativa è stata attivata dalle Condotte Slow Food Primiero e Valsugana-Lagorai, le stesse che hanno adottato terrazzamenti in contrada Merlo, a S.Nazario. Breve passo indietro: il 16 e il 17 marzo scorsi sono stati al centro di due eventi singolari; la sera del 16 a Pergine Valsugana, si è tenuta una degustazione di vari tipi di tè, alla presenza nientepopodimenochè, del Rajah Banerjee, proprietario del giardino del tè di Makaibari (Darjeeling - India settentrionale, ai piedi del monte Kanchenjunga), che ha illustrato le tecniche biodinamiche di coltivazione e trasformazione della pianta. L’evento si è ripetuto il pomeriggio del 17, stavolta direttamente sul terrazzamento adottato da Slow Food a S.Nazario. La sera invece, presso la ‘Sala Convegni del Museo del tabacco’, dell’Unione Montana Valbrenta a Carpanè di S. Nazario, si è tenuto un convegno dal titolo: Il valore del suolo o meglio: Un suolo sano per un’umanità sana – mantra del Rajah sul tema, evento in cui il Rajah ha esposto le tecniche di prevenzione dall’erosione e conservazione della fertilità del suolo, da lui messe a punto in oltre 30 anni di coltivazione biodinamica del tè.
Beppa Valstagna